Felice e a mio agio

Quando questo mondo ti fa tribolare, recita Nam-myoho-renge-kyo ricordando che, se le sofferenze in questa vita sono penose, quelle nella prossima vita possono essere molto peggiori; quando sei felice, recita Nam-myoho-renge-kyo ricordando che la felicità in questa vita non è che un sogno dentro un sogno, e che la vera felicità è quella che si trova nella pura terra del Picco dell’Aquila. (...)
Quando salirai alla montagna dell’Illuminazione e ti guarderai intorno, con tua grande meraviglia vedrai che tutto l’universo è la terra della luce tranquilla: il terreno è fatto di lapislazzuli, gli otto sentieri sono delimitati da corde dorate, dal cielo piovono quattro tipi di fiori e una musica risuona nell’aria. Tutti i Budda e i bodhisattva si dilettano carezzati dalle brezze di “eternità, felicità, vero io e purezza”.

Dal Gosho Le quattordici offese

Prima di praticare il Buddismo avevo la tendenza vitale alla sfiducia in me stessa, negli altri in ogni cosa. Non riuscivo ad avere rapporti d’amicizia con nessuno.
«Perché cercare di aprire il mio cuore e la mia sofferenza a qualcuno? – pensavo – Nessuno può capirmi. Tutto è inutile!». E così rimanevo sempre più sola. È ancora vivo il ricordo del calore umano e dell’amicizia sincera della persona che mi ha avvicinato al Buddismo; le sono grata per la sua grande pazienza e disponibilità ad ascoltare tutte le mie lamentele.
Quando iniziai a recitare Nammyoho-renge-kyo avevo un unico desiderio: non soffrire più. «Se le sofferenze in questa vita sono penose, quelle nella prossima vita possono essere molto peggiori», dice il Gosho. Leggevo e rileggevo queste parole e il mio dolore si ridimensionava: «Soffro, è vero! ma potrei stare peggio! – pensavo – Le mie figlie godono di ottima salute, ma se si ammalassero? Se morissero? Cosa ne sarebbe di me?»
Nel Gosho si dice: «La felicità in questa vita non è che un sogno dentro un sogno». «La gioia dura un attimo – pensavo – non è possibile trattenerla. Tutto cambia continuamente, questa è la legge della vita. Ma se è così, anche la sofferenza, come la gioia, viene e va: oggi c’è, domani può cambiare. Sarà mai possibile alleggerire il mio dolore?».
«La vera felicità è quella che si trova nella pura terra del Picco dell’Aquila». Continuavo a leggere queste frasi tutti i giorni, con ostinazione, mentre recitavo, nonostante la mia vita fosse dominata dal dolore. Oggi, dopo tredici anni, posso affermare senza alcun rimpianto che per me la vera felicità è stata recitare Nam-myoho-renge-kyo.
La mia vita era come il tronco di un albero a cui era stata strappata via la corteccia. Ero sempre indifesa verso l’esterno, tutto poteva essere causa di sofferenza; anche un evento banale bruciava come un granello di sabbia su una ferita aperta.
Con la forza rigeneratrice di Nammyoho-renge kyo piano piano la corteccia si è ricostituita e l’albero della mia vita è ora sano e forte.
Nel Gosho, più avanti si legge: «Tutto l’universo è la terra della luce tranquilla: il terreno è fatto di lapislazzuli, gli otto sentieri sono delimitati da corde dorate, dal cielo piovono quattro tipi di fiori e una musica risuona nell’aria». Quando leggevo queste frasi pensavo di poter provare simili sensazioni solo dopo la morte. Piano piano col passare degli anni ho scoperto invece che non è necessario morire per vivere l’emozione del paradiso, la serenità e la gioia di sentirsi completamente appagati.
In vari momenti durante la giornata mi sento felice di godere la vita anche nelle cose più semplici: il cielo limpido, il mare, il vento caldo, il sole cocente del Sud.
Ho ritrovato anche la fiducia negli esseri umani e nel grande potere delle parole e del dialogo sincero, cuore a cuore. Fiducia, amicizia, sincerità, come la luce del sole danno calore e colore alla vita; allora, di che cosa avere paura? Come dice il Gosho: «Tutto l’universo è la terra della luce tranquilla».

di Elvira Ortale Tratto dal NR n° 166 del dicembre 1995
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